La visionarietà della moda e della comunicazione nelle idee innovative del celebre creativo milanese in mostra a Venezia
Innovazione, talento, visione, questi gli elementi chiave della Mostra Epoca Fiorucci 23 Giugno 2018 – 6 Gennaio 2019 Venezia, Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna, che ci hanno spinto ad una approfondimento. E qui Filomena Spolaor ve lo racconta – Francesca Anzalone
Al centro di un immenso arcipelago composto da isole di creatività e innovazione, Elio Fiorucci è stato una personalità capace di sovvertire la moda e il mercato. Un genio che ha orientato il gusto delle giovani generazioni dalla fine degli anni Sessanta all’inizio degli anni Ottanta, captando in anticipo i gusti e le tendenze.
Nani di cedro profumato, simbolo iconico dello stilista milanese, accolgono il visitatore all’angolo della scalinata del Museo d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, in piedi su dei cubi fosforescenti.
Nel salone affacciato sul Canal Grande si entra in un “caos ordinato”, dove una grande raccolta di prodotti, oggetti, abiti, manifesti, documenti di eventi provenienti da tutto il mondo, ricostruisce il “mercato delle idee e delle cose”.
La storia
Figlio di un commerciante di calzature, grazie a un illuminate viaggio a Londra nel 1967 Fiorucci scopre le nuove tendenze delle giovani generazioni, che danno allo stilista lo slancio per rivoluzionare lo stile di vita.
Nello stesso anno apre il suo primo negozio in Galleria Passarella a Milano, disegnato da Amalia del Ponte, ricco di scarpe innovative e abiti importati dall’Inghilterra. Nel ‘76 lo store coloratissimo sulla 59th Avenue di New York diventa un punto di incontro di tanti giovani. Qui arrivano Andy Warhol, Truman Capote e una giovanissima Madonna. Nel 1983 Kaith Haring con i suoi graffiti firma il “restyling” dello store milanese.
La curiosità, la ricerca del nuovo, la voglia di non porsi limiti ispirano il suo motto “liberi tutti”. Così Fiorucci trasforma il jeans in un capo sexy e seducente grazie alla combinazione con lycra, inventa i pantaloni dorati in lamè e diffonde il bikini, utilizza il latex per abiti ed accessori e realizza un’intera collezione con un innovativo tessuto di carta Tyvec, proponendo al pubblico la libera espressione.
Come lui stesso scriveva, “per cercare idee nuove e progettare, è necessario guardare gli altri, andare al di là delle apparenze, leggere tra le righe dei linguaggi, non solo della moda, ma soprattutto della vita quotidiana. Moda per me significa i diversi modi di vivere il proprio corpo, le proprie abitudini, cosi’ che ciascuno sia in grado di essere se stesso”.
Narrare l’avventura intellettuale di Elio Fiorucci significa ricostruire un’epoca, una rivoluzione del costume – quella del rock, delle ragazze yè-yè, dei figli dei fiori, dell’opposizione al gusto borghese – di cui egli al tempo è stato straordinario interprete e acuto artefice, ma significa anche mettere in luce un arcipelago di legami, relazioni, di esperienze uniche.
La mostra “Epoca Fiorucci”
Nella sala principale tutti i capi e gli accessori sono appesi su dei manichini posti tra tubi, hula hoop e neon colorati. Di fronte all’ingresso su una piattaforma di metallo, si viene subito incantati dagli arditi contrasti di colore e di stile di vestiti blu, verdi, ma soprattutto di uno sgargiante giallo, nella variante zebrata di un completo giacca e pantalone o a illuminare gli stivaletti bassi da pioggia, tra borsoni e felpe a poix bianchi e neri.
Foglie gialle appaiono anche come ricami di ponchi blu cobalto, tra giacconi militari con il cappuccio di pelo accompagnati dalle fantasie degli indimenticabili foulard, appesi dietro a uno slogan pubblicitario di una modella che indossa una giacca in jeans sotto la scritta “Appalosa jeans by Fiorucci”.
La passione per l’arte e l’architettura contemporanea portarono Fiorucci a circondarsi di architetti come Sottsass, Mendini, Branzi, De Lucchi – grandi innovatori al suo pari – e artisti del calibro di Keith Haring, Jean Michel Basquiat, Andy Warhol, a cui chiedeva contributi creativi per realizzare luoghi, narrazioni, eventi dove protagonisti erano la persona e i suoi desideri.
In un angolo della sala, immersi nella luce di neon fucsia, verdi, rossi, ci sono due riproposizioni di “Untitled”, titolo di un’opera di inchiostro su legno di Hearing, che nel 1983 fu invitato a dipingere il negozio di San Babila, e titolo del pastello su carta di Basquiat. Il writer nel 1981 partecipò al film “Downtown 81”, finanziato da Fiorucci e Rizzoli USA. Le loro opere testimoniano la New York Beat degli anni Settanta e Ottanta, in una fusione tra espressione artistica e vita urbana.
Le circondano avvolgendole nel percorso di una foresta esotica le installazioni sui tubi di piumini fioriti, kway, guanti lunghi di lana con le dita di tutti i colori che al tempo hanno provato tutte le teenager. E poi intere pareti esprimono la magia delle figlie dei fiori, tra zoccoli di legno rossi, galosce multicolore, gonne lunghe fino ai piedi, pullover oversize, borse a tracolla, e ancora giacche, camicie, fino al bikini azzurro disteso su un cerchio. Piegati su dei grandi cassetti a terra ci sono ancora camicie, felpe e le t-shirt con Topolino e Minnie. Ma basta rialzare lo sguardo per venire catturati ancora dai piumini arancioni, gonne e pelliccette leopardate, svariati modelli di jeans e pantaloni corti o lunghi fioriti, di pelle da togliere il fiato, fino a le semplici tute da lavoro colorate.
La comunicazione
Il marchio Fiurucci non si concentra solo su abbigliamento, ma si diffonde anche alla grafica e alla comunicazione. Nelle stanze laterali si sviluppano in sequenza una serie di approfondimenti legati alla creatività e agli interessi di Fiorucci.
La sala “Elio e il suo mondo” ripropone l’ universo creativo attraverso i ricordi delle persone che hanno lavorato con lui. Sui tavoli sono presenti gli oggetti più vari, prodotti e venduti da Fiorucci in tutto il mondo per oltre trent’anni. Cartoline, astucci, vassoi, quaderni, figurine Panini, tazze, scatole con magliette con il ricamo “Guarda, forse accanto a te c’è un angelo”, e i poster trasgressivi delle modelle con i cavalli e la scritta “Love therapy”. Negli slogan pubblicitari e nelle scritte che ricoprivano quasi tutto quello che lui produceva, parole un po’ banali e un po tenere, certo immediate e catturanti, divennero il leimotiv di quella generazione che dalla conquistata consapevolezza del proprio ruolo e del proprio valore traeva la forza.
Una continua creazione di immagini, celebrazioni ironiche e una sottile vena di provocazione che si riproduce anche nell’allestimento dei negozi.
Gli arredi di quello di Venezia ricreano nella sala “Fiorucci e gli architetti” l’atmosfera dei punti vendita del marchio diffusi in tutto il mondo e allestiti secondo il progetto dei più famosi designer del tempo.
Sopra il banco di metallo con l’insegna al neon “radical” e quella rossa di “cassa”, riappaiono i nani di cartone colorati con una felpa rosa e la scritta “Love Therapy”. Uno è racchiuso anche in una bolla di vetro in mezzo alla neve, e puffi compaiono anche con una fisarmonica tra le fragole sui ripiani, dove sono piegate pile di magliette. In mezzo alla stanza c’è il classico camerino con le tende nere, mentre sullo sfondo si intravede un impermeabile verde pisello e su altri manichini illuminati da luci al neon sono posati un vestito da donna rosa con le margherite, accompagnati da altri nani che indossano occhiali da sole, insieme a un completo da cavallerizza western con la gonna arancione e la camicetta bianca tra i funghi. In una teca sono conservati fazzoletti, bandane, cinture, guanti.
Filo rosso della mostra è la presenza costante di Oliviero Toscani, di cui Elio Fiorucci fu maestro e fratello maggiore. Di Toscani sono esposti un video, manifesti iconici e inedite fotografie della performance artistica che tenne Hearing in occasione dell’inaugurazione del negozio a Milano, testimonianza di un’ epoca che ha rivoluzionato moda e società.
La mostra si conclude in una stanza dove i bambini possono disegnare con i pennarelli diversi “outfit”, un atelier dove sviluppare le abilità dei futuri stilisti.
L’esposizione, organizzata dalla Fondazione Musei Civici, indaga il ‘fenomeno Fiorucci’, la moda alla portata di tutti che rivoluzionò i comportamenti e abitudini delle giovani generazioni.
“Il progetto intende restituire a Fiorucci quel ruolo di protagonista del cambiamento che di fatto interpretò per il suo considerare la moda come una vera e propria filosofia di vita, espressione dello spirito del tempo, che trovava nella forma degli abiti, degli accessori e delle minutaglie che popolavano i suoi store la perfetta rappresentazione di un’epoca in totale subbuglio” afferma Gabriella Belli, presidente dei Musei Civici.
Un avvincente dialogo tra moda e cultura, grazie alla pirotecnica creatività di una personalità che seppe rivoluzionare la moda e il mercato, nel modo di di disegnare le cose, gli spazi, le relazioni tra l’oggetto e la persona. Le sue idee innovative, le proposte sempre all’avanguardia rispetto agli input del pronto-moda, l’apertura ad altri mondi e culture, da cui traeva ispirazione, lo hanno reso un fuoriclasse, paladino della moda democratica.
Di Fioucci Gillo Dorfles disse che ha affidato ai modi della moda il suo messaggio e essere nel mondo.
“Le merci per Fiorucci non sono soltanto prodotti, rappresentano valori, pensieri, relazioni, modi di vivere, e proprio in questo risiede la ragione della “permanenza” del suo lavoro, indipendentemente dal periodo storico e dal consumo degli stili, perché essere attuali vuol dire fare prevalere il ruolo di “soggetto pensante rispetto al risultato empirico. Si potrebbe affermare che Fiorucci ha fatto in modo che tutta la sua attività creativa non si consumasse nel proprio tempo, ma via via acquistasse una sorta di potere “ermeneutico” infinito…”
Gillo Dorfles, conversazione con Aldo Colonetti, 3 febbraio 2018
Galleria immagini della mostra