INDUSTRIA E PRODUZIONE CREATIVA Intervista al direttore della Fondazione Pirelli Antonio Calabrò

Industria e produzione creativa per me è creare contaminazione positiva in cui l’una penetra nell’altra ognuna con i propri tempi, ognuna con le proprie caratteristiche che compenetrandosi posso dare vita a nuove visioni e spaziare in nuovi orizzonti. La Fondazione Pirelli con i suoi progetti è un ottimo esempio. Di seguito l’intervista condotta da Filomena Spolaor al direttore della Fondazione Pirelli, che ringrazio per la preziosa collaborazione” Francesca Anzalone 

Cultura e Impresa

Il rapporto tra industria e produzione creativa nell’opera  Il canto della fabbrica della Fondazione Pirelli

L’innovazione è uno sguardo, un modo di leggere il futuro che c’è nelle cose che facciamo”

Intervista al direttore della Fondazione Pirelli Antonio Calabrò

«Il canto della fabbrica» è un’opera multimediale che racconta come cambia la fabbrica, da quella del primo Novecento tutta acciaio, rumore e fatica alla nuova «Civiltà delle macchine» nei rapidi mutamenti hi-tech.

Una composizione per orchestra d’archi, espressamente pensata per il violino di Salvatore Accardo, che la Fondazione Pirelli ha commissionato al compositore e violinista Francesco Fiore.

Il Polo Industriale Pirelli di Settimo Torinese è il paradigma di un nuovo concetto di produzione industriale basato su innovazione e automazione, il cui progetto architettonico si deve a Renzo Piano.

«Il canto della fabbrica»  è stato eseguito la prima volta l’8 settembre 2017 dall’Orchestra da Camera Italiana diretta dal maestro Accardo (nella doppia veste di direttore e solista), con Laura Gorna primo violino, in un concerto presso il Polo Industriale di Settimo Torinese, nell’ambito del Festival MiTo SettembreMusica

Il mese scorso a Milano è stato presentato anche il libro  (edizione Mondadori, pagine 323), con interviste, analisi, approfondimenti del tema immenso della fabbrica di ieri e di oggi, e un dvd, che riporta per intero il concerto.

Abbiamo intervistato il direttore della Fondazione Pirelli Antonio Calabrò, che ci ha spiegato come il tema della cultura e dell’industria 4.0 siano fortemente complementari.

In che modo narrare la fabbrica?

La fabbrica si può raccontare in diversi modi: per fotografia, per immagini, per parole e noi lo abbiamo già fatto in Fotografia Settimo e con Le voci di Settimo con un atto di teatro alcuni anni fa. E poi raccontando la fabbrica in vari modi, via via ci siamo detti: il Novecento, il secolo della centralità della fabbrica, aveva prodotto anche una musica della fabbrica. Quella fabbrica: le catene di montaggio, acciaio, rumori, la bellezza e la durezza della fabbrica del Novecento con alcuni interpreti straordinari, quali Dmitrij Šostakovič. La seconda sinfonia inizia con quattro colpi di sirena, e quella è la vecchia fabbrica stacanovista. 

La fabbrica che è cambiata, digitale, leggera di robot e dati, la fabbrica in cui gli operai stanno non alla catena, ma alle macchine di controllo che governano i robot con i tablet, come si può raccontare per musica? Per immagini lo avevamo già fatto. E così siamo andati in fabbrica con Salvatore Accardo, i primi violinisti e l’orchestra. Abbiamo girato per i reparti, gli abbiamo spiegato come sono fatte le mescole, come nascono i processi produttivi. Gli abbiamo fatto vedere i robot, abbiamo parlato agli operai e siamo rimasti in fabbrica, e loro hanno ricavato una musica in forma di suite. La suite è il componimento preferito di Bach, che è il più matematico degli autori di musica classica. E la fabbrica è matematica, leggerezza, incorporeità creativa. Francesco Fiore ha pensato a una dimensione particolare della fabbrica: al violino del solista di Salvatore Accardo e orchestra, come dialogo tra uomo e macchina. In questo dialogo c’è la fabbrica digitale.

Che cos’è la cultura della fabbrica?

E’ la cultura del lavoro, della dignità della persone che producono una ricchezza e mettono dentro questa ricchezza intelligenza e bellezza. E’ la cultura della comunità anche conflittuale, dove dimensioni, culture, esigenze diverse si compongono per arrivare a un processo e a un prodotto.

Nella cultura della fabbrica convivono diritti e doveri. Le fabbriche sono stati luoghi nella storia da cui nella metà degli anni 50 migliaia di persone che venivano da esperienze contadine  della Sicilia e delle valli bergamasche,  la piana pugliese e calabrese, sono diventati cittadini. Uscivano dalle condizioni di minorità della cultura del Mezzogiorno e del latifondo, scoprendo diritti e doveri, relazioni, obblighi di cittadinanza, ma anche la democrazia delle relazioni.

La fabbrica è un luogo di crescita e di integrazione. Se guardo molti degli impianti produttivi nelle valli bresciane e nel nord ovest sofisticato, le fabbriche continuano a essere posti di integrazione. Dalla Romania al Ghana, dagli stati dell’India, Cina, Turchia, Brasile, trovi modi di essere insieme persona, lavoratore e cittadino. La cultura della fabbrica è questo, la cultura dell’innovazione. La fabbrica è luogo in cui si sperimenta in continuazione. E’ l’ultimo ascensore sociale rimasto, è il posto ancora dove la cultura del merito ha un suo riconoscimento.

Dove stanno guardando i suoi occhi? Come vede l’innovazione?

Io credo che l’innovazione sia un processo continuo, che non si limita alla tecnologia. L’innovazione è uno sguardo, un modo di leggere il futuro che c’è nelle cose che facciamo un modo per mettere insieme la consapevolezza della storia è l’ambizione nell’incidere sui processi di cambiamento.

La prossima cosa che faremo per la fondazione Pirelli sarà di pubblicare l’antologia della rivista Pirelli, che era rivista di cultura e tecnica uscita dal ’48 al ’72. Tutti i più importanti intellettuali italiani hanno scritto lì. Che senso ha oggi ripubblicare quella rivista? 

Partendo da una contesto di cultura come gli anni ’50 e ’60 si possono individuare l’attitudine alla trasformazione anche dentro i conflitti che hanno caratterizzato la storia italiana e internazionale. La rivista è un modo per dire che l’azienda ha uno sguardo lungo sull’innovazione, che riguarda non solo tecnologie e materiali, ma anche linguaggi e comunicazione, la rappresentazione della fabbrica e le relazioni industriali. La cultura della fabbrica è un modo di essere, uno sguardo lungo sul futuro.

Con questo progetto la creatività ha tratto forza dal rigore meccanico e digitale, anima dei numeri. Per lei che cos’è la creatività?

Mi viene in mente una frase di Proust nella Recerche. “Il viaggio di scoperta non è andare in luoghi nuovi, ma avere occhi nuovi”. Vedere creatività è insieme fantasia e stupore per quello che scopri non avevi visto prima, è uno sguardo nuovo.